In Sicilia si prospetta un Settembre caldo, caldissimo. E mai come quest’anno non soltanto da un punto di vista climatico. Tra rimpasti, trattative e inedite alleanze, a un mese di distanza dalle dimissioni di Raffaele Lombardo, la rosa dei candidati alla Presidenza della Regione comincia, se non ad assottigliarsi, senz’altro a definirsi per grandi linee.
Il mese di Agosto è trascorso all’insegna di pre-tattica, scaramucce, dichiarazioni e smentite, proprio come durante lo stesso periodo avviene per il calciomercato. Anche i meccanismi sono piuttosto simili: scambi, prestiti, ri(s)catti… Si passa da una squadra all’altra, tra dirigenze locali e poltrone nazionali. Il problema principale è che la Fantapolitica siciliana deve uscire da un’era in cui proprio gli accordi trasversali, le correnti pro e le correnti contro, hanno confuso e infine allontanato gli elettori, di ogni colore politico, da ciò che invece li riguarda da molto vicino. Settembre è tempo di programmi e nuovi propositi. In Sicilia e in tutta Italia è tempo di ascoltare progetti politici e proposte per una necessaria ricostruzione.
La “rinascita”, la “sfida siciliana”, la difficile impresa di gestire e amministrare una macchina pubblica finita nell’occhio del ciclone; l’intento di far riaffiorare questo porto sepolto da un abisso clientelare profondo ormai un ventennio; sono questi i presupposti che hanno animato da ogni parte la politica estiva delle parole. L’inno al superamento di ciò che è stato non è però l’unico punto di contatto tra gli schieramenti in lizza; centro-destra e centro-sinistra hanno puntato sin dall’inizio su cavalli di razza, scelte avallate dai principali partiti nazionali; il Pdl con Nello Musumeci, PD e UdC con Rosario Crocetta, entrambi apprezzati amministratori degli affari pubblici. Non c’è spazio per figure outsider, non c’è tempo per gli esperimenti (e nemmeno per primarie in stile Palermo).
Eppure mai come quest’anno c’è la possibilità di far saltare il banco; l’hanno capito in molti, e in molti si candideranno. Ritorna a camminare da solo Gianfranco Miccichè (ancora una volta una figura arcinota a livello nazionale). L’ex-ministro e sottosegretario, dopo avere investito pubblicamente la candidatura di Musumeci, fa dietrofront e con il suo Grande Sud, rilancia il progetto meridionalista. Miccichè, frenato quattro anni fa dall’alleanza pro-Lombardo (e sappiamo bene quali sarebbero stati i risvolti di quella giunta), rientra in corsa, intento a ricostruire il Partito Siciliano, proprio sulle ceneri dell’Mpa e forte del sostegno dei finiani di Fli. Se il polo di centro-destra, da più parti (forse troppe), sembra essere desideroso di rifarsi dopo la sonora batosta delle amministrative, dall’altro lato la situazione non sembra di certo più compatta. Mentre continua a far discutere, per ragioni non meramente politiche a dire il vero, il sostegno dato dall’UdC a Crocetta, cresce, anche nei primi sondaggi, l’autorevole candidatura di Claudio Fava, sostenuto da SEL e IdV.
Come spesso avviene durante le elezioni regionali, le alleanze risultano trasversali e le correnti interne ad una coalizione si spostano da una parte all’altra. Considerando poi la situazione nazionale, già eufemisticamente “diversificata”, con un governo tecnico e le elezioni politiche alle porte, e aggiungendo infine la variabile del voto disgiunto, era ampiamente prevedibile questa multidivisione dei poli. La sensazione è che però a queste spaccature non corrisponda un’effettiva rottura; i movimenti sembrano cambiare soltanto colore, l’annunciata discontinuità al momento non si vede, i meccanismi della politica ritornano sempre gli stessi con una naturalezza disarmante. Il popolo siciliano conosce a memoria il ritornello gattopardiano e mai come per queste elezioni vorrebbe farne a meno.
Marco Mezzatesta