Nell’ambito della rassegna “Le Storie oltre la Storia di Orlando”, all’interno di Etnafest 2012, Sabato 8 e Domenica 9 Dicembre dalle ore 19.00 si terrà, presso il Teatro dell’Opera dei Pupi – Centro Fieristico “Le Ciminiere” Pad. C3 – lo spettacolo di Pupi Siciliani dei Fratelli Napoli dedicato alla Natività di Gesù..
INGRESSO GRATUITO FINO AD ESAURIMENTO POSTI
Biglietti disponibili presso il botteghino del Teatro Stabile dell’Opera dei Pupi
a partire dalle ore 17:00
La Cantata dei Pastori: un percorso da Napoli a Catania
Andrea Perrucci (1651 – 1704), autore del trattato “Dell’arte rappresentativa premeditata e all’improvviso”,che è un’esauriente summa teatrale del secolo barocco, nel 1699 fa rappresentare a Napoli e pubblica, sotto lo pseudonimo di Casimiro Ruggieri Ugone, la Cantata dei Pastori, azione sacra – pastorale in versi.
Il dramma narra le peripezie capitate a S. Giuseppe ed alla Madonna durante il loro viaggio verso Betlemme, contrastato dalle potenze infernali che vogliono impedire la nascita del Verbo Incarnato, novello Lume che dissiperà le ombre. Al motivo del viaggio della “bella unione” si intrecciano i contrasti dell’Arcangelo Gabriele “paraninfo delle eterne nozze”, col titanico diavolo Belfegor. Il tutto si giustappone in una cornice bucolica di maniera, dove agiscono pastori, cacciatori e pescatori dai trasparenti nomi di Armenzio, Cidonio e Ruscellio. Infine, a dialogare con tutti, c’è il buffo napoletano Razzullo, con codino e tricorno, in marsina e “culottes”, scrivano capitato in Galilea per le operazioni del censimento. Egli, eternamente affamato, cambia sempre mestiere nella speranza di riempir la pancia, ma guadagna soltanto disgrazie e bastonate. Di animo semplice ma generoso, aiuta come può i due santi pellegrini e si rende degno di adorare il bambino.
La Cantata appare dunque come un tipico prodotto del teatro spagnoleggiante in voga in Italia, nel sec. XVII; in un caleidoscopio barocco di concettismi, metafore, antitesi ed ossimori, vengono mescolati elementi derivati dalle “comedias de santos” dall’egloga pastorale e dalla farsa napoletana.
Il dramma è stato rappresentato nei teatri popolari durante le feste natalizie innumerevoli volte fino ad epoca recente. Nata in ambiente colto e trovate poi le sue modalità di produzione e fruizione in un contesto popolare, La Cantata si affermò stabilmente nel repertorio dell’Opra catanese: i pupari la sera del 24 Dicembre interrompevano le puntate del ciclo e mettevano in scena il lavoro del Perrucci.
Nei teatri etnei il dramma fu sottoposto ad un ulteriore processo di rielaborazione. Fu dato rilievo maggiore alle scene dell’ angelo e del diavolo. Gabriele diventò, cavallerescamente, l’angelo armato Michele ed i contrasti diventarono reiterati duelli dove Belfegor veniva regolarmente vinto dal suo luminoso avversario che assumeva la posa plastica del S. Michele Arcangelo di Guido Reni: Se nel dramma originale del Perrucci queste due figure erano soltanto repliche teatrali di una convenzionale iconografia barocca, immagini dell’ eterno conflitto tra il Bene e il Male, nei teatri catanesi furono viste come equivalenti ai paladini cristiani rappresentanti del Bene e ai saraceni pagani rappresentanti del male. La seconda importante variante apportata dai pupari etnei fu la sostituzione di Razzullo con Peppininu, la Maschera tradizionale dell’Opra catanese. Peppininu, anch’egli in livrea settecentesca, mantiene inalterate tutte le potenzialità comiche di Razzullo, sostituendo il dialetto catanese al napoletano e mostrando più sottile e fine arguzia. A far da spalla a Peppenino i pupari catanesi escogitarono le figure della bella contadina Rosetta e della brutta vecchia bisbetica e presuntuosa. Parallelamente eliminarono dall’originale del Perrucci tutte le scene dei cacciatori e dei pescatori che si affiancavano ai pastori.
L’impianto barocco del dramma si prestava alla vocazione scenografica e scenotecnica dei pupari catanesi. Fedele a questa tradizione è l’allestimento curato dai Fratelli Napoli che, attraverso l’adattamento di Fiorenzo e Alessandro Napoli, riesce a restituire l’atmosfera particolare, mista di sereno stupore ed attonita felicità che si creava nei teatri di quartiere in occasione di quella serata. La scrittura spettacolare operata dai
Napoli si snoda lungo visioni da sogno e da incubo, soglie che schiudono i recessi infernali, mutazioni di luogo a scena aperta, torrenti che si gonfiano e si placano, paradisi che si aprono raggianti di gloria, comete trascorrenti in cielo, fino al quadro finale del Presepe.
Così, confermando ancora una volta che a teatro ciò che più conta rispeto alla scrittura drammaturgica è la transcodificazione spettacolare, i pupari catanesi rendono a modo loro omaggio al Bambin Gesù, sussurrandosi tra le quinte che per loro non sarebbe Natale se non rappresentassero la Natività.