L’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui un’esposizione prolungata nel tempo all’arsenico contenuto nell’acqua potabile e nel cibo può causare cancro, lesioni cutanee, malattie cardiovascolari, effetti sullo sviluppo, danni al sistema nervoso e diabete, spiana definitivamente la strada ai risarcimenti in favore di quei cittadini che risiedono in comuni italiani nei quali il problema dell’arsenico nelle acque non è stato ancora risolto.
Lo afferma il Codacons, che pochi giorni fa ha lanciato il mega ricorso al Tar del Lazio da parte dei residenti dei comuni dove l’acqua è inquinata.
Tutti i titolari di un’utenza idrica residenti nei Comuni elencati sul sito www.codacons.it, nei quali entro il 31 dicembre del 2012 il problema della presenza dell’arsenico nell’acqua non è stato risolto, possono agire al fine di ottenere non solo il risarcimento dei danni subiti, ma anche la riduzione della tariffa dell’acqua – spiega l’associazione – Il Codacons sta infatti preparando un mega ricorso al Tar contro le Autorità responsabili di tale situazione al fine di ottenere la condanna delle stesse ad un adeguato risarcimento del danno a favore di ciascun aderente e la riduzione della tariffa idrica applicata anche se continua ad essere erogata acqua avvelenata dall’arsenico (per info e adesioni www.codacons.it) .
Proprio grazie all’associazione il Tar del Lazio ha disposto un risarcimento in favore di 2000 cittadini che avevano proposto ricorso attraverso il Codacons, affermando che il “fatto illecito costituito dall’esposizione degli utenti del servizio idrico ricorrenti ad un fattore di rischio (l’arsenico disciolto in acqua oltre i limiti consentiti in deroga dall’Unione Europea), almeno in parte riconducibile, per entità e tempi di esposizione, alla violazione delle regole di buona amministrazione, determina un danno non patrimoniale complessivamente risarcibile, a titolo di danno biologico, morale ed esistenziale, per l’aumento di probabilità di contrarre gravi infermità in futuro e per lo stress psico-fisico e l’alterazione delle abitudini di vita personali e familiari conseguenti alla ritardata ed incompleta informazione del rischio sanitario”.