Francesco Forgione, calabrese, politico di lungo corso, Presidente della Commissione Nazionale Antimafia dal 2006 al 2008 nonché scrittore e giornalista, ha presentato ieri sera in un convegno tenutosi a Gela, il suo ultimo libro: Porto franco (Dalai editore).
Il suo impegno contro le mafie lo aveva precedentemente portato alla stesura di altri due libri: Oltre la Cupola, massoneria, mafia e politica (1994) e Amici come prima, storie di mafia e politica nella seconda repubblica (2003).
L’evento è stato organizzato da Libera e dall’associazione Antiracket di Gela, ed è stato moderato dal giornalista Franco Infurna spalleggiato dal Vice-Questore di Caltanissetta dott.Giovanni Giudice.
Non avevo avuto modo, sinora, di ascoltare Forgione, non sapevo cosa mi perdevo. Perché Forgione oltre ad essere uno scrittore si è rivelato un oratore senza fronzoli, simpatico e loquace non risparmiandosi in racconti ed aneddoti legati alla scrittura del suo libro.
Il taglio del libro è quello dell’inchiesta giornalistica, ma, anche, quello di un ritorno, o meglio, di un riavvicinamento di Forgione verso la sua Calabria, o verso le Calabrie come spesso si sente dire. Ha spiegato l’autore:
«Di Calabria non ce n’è una sola, così come non è possibile trovare in quella terra una sola verità o un solo Stato».
Una terra in cui regna il doppio è una terra della quale non puoi fidarti, in cui, continua Forgione:
«Quando incontri lo Stato non sai mai se è quello giusto».
Protagonista del libro è la Ndrangheta, non quella dei pastori dell’Aspromonte, feroci sequestratori con coppola e fucile, ma quella della globalizzazione, di internet, dei colletti bianchi, della politica, del traffico di droga internazionale.
Il melting pot del malaffare in cui nascono e s’incrociano tutti gli affari della Ndrangheta calabrese è il porto di Gioia Tauro, porto franco per l’economia e la giustizia.
Nelle prime battute del convegno, Forgione ha chiesto alla platea se ricordasse almeno un nome di un Boss della Ndrangheta, risultato: silenzio assoluto.
– Vedete – ha chiarito Forgione – questo perché della Ndrangheta si sa poco, e quel poco che si conosce viene da inchieste giudiziarie recentissime. La Ndrangheta, al contrario di Cosa Nostra, ha sempre preferito l’ombra, il silenzio. Anche per questo motivo non esistono pentiti ndranghetisti; non si deve sapere niente dell’organizzazione. Così, mentre chiunque in tutta Italia conosce i nomi dei boss siciliani, come Riina, Brusca, Buscetta, Provenzano, nessuno, invece, conosce i nomi dei boss calabresi-
Ecco l’altro protagonista del libro: la famiglia Piromalli. Anche loro iniziano da pastori, poi si ramificano, si radicano nel territorio calabrese, imponendo persino candidature politiche, da lì al Nord Italia e al resto del mondo il passo è breve.
Ogni fatto raccontato è documentato dalle trascrizioni delle intercettazioni, i nomi presenti sono spesso nomi illustri. Agghiaccianti certi collegamenti e sorprendente come l’averli scoperti, non abbia poi, alla fine, cambiato nulla.
La Ndrangheta è un calderone in cui c’è dentro di tutto, tu puoi anche pensare di esserne fuori, ma poi, magari, vai a fare un vaccino a tuo figlio e scopri che anche quello farmaceutico è un affare loro.
Insomma, Forgione cerca di squarciare il velo, riuscendoci benissimo.