In una giornata grigia e fredda, come probabilmente quella di venti anni fa, si è tenuta nella sala consiliare del comune di Randazzo una manifestazione in occasione del ventesimo anniversario dell’omicidio, per mano mafiosa, di Antonino, Vincenzo e Salvatore Spartà.
Un padre e due figli morti ammazzati, il 22 Gennaio del 1993, perché si erano rifiutati di versare il pizzo per riscattare l’automobile che gli era stata rubata, questo il movente (giudiziario) che portò Oliviero Sangani (per la giustizia l’unico colpevole) ad uccidere i tre componenti della famiglia Spartà mentre lavoravano nel loro ovile nelle campagne randazzesi.
Gli Spartà morirono per aver detto no. Non tanto al pagamento del pizzo per rientrare in possesso della loro vettura, quanto per essersi rifiutati di accettare le regole, di piegarsi alla famiglia più potente del paese. Per questo denunciarono con una lettera anonima ai carabinieri i ladri-estortori.
Purtroppo questo massacro restò impunito per molti anni, complici gli errori investigativi e le anomalie giudiziarie, tanto che il processo inizierà soltanto nel 1999. Nel frattempo, Rita Spartà, figlia e sorella delle vittime, sente parlare di Tano Grasso, della sua storia e della nascita dell’associazione antiracket da lui fondata a Capo d’Orlando, sicché va a trovarlo raccontando tutto quello che sapeva, tutto ciò che la sua famiglia sopportava da anni a causa delle vessazioni della famiglia Sangani.
All’incontro, oltre al Sindaco di Randazzo dott.Del Campo hanno partecipato Tano Grasso Presidente della Fai, Rita Spartà, figlia e sorella delle vittime, Giovanni Salvi Procuratore della Repubblica di Catania, il Prefetto Elisabetta Belgiorno Commissario straordinario antiracket, il Prefetto di Catania Francesca Cannizzo e l’avvocato Franco Pizzuto responsabile legale della Fai.
Ma, istituzioni a parte, erano presenti anche i presidenti delle associazioni antiracket siciliane, moltissimi giovani, i sindaci dei comuni del circondario e una delegazione di Addio Pizzo.
Dopo il saluto del Sindaco la parola passa a Tano Grasso:
– Sappiamo che i responsabili di questo terribile massacro non sono tutti in carcere, ciò significa che alcuni degli assassini sono ancora in mezzo a noi, probabilmente prendono il caffè al bar accanto a noi, camminano tra noi. Rita, con il suo coraggio e la sua determinazione, mi è sempre sembrata una moderna Antigone, perché Rita non si fermerà finché non verrà messa la parola fine alla vicenda giudiziaria della sua famiglia così come Antigone non può darsi pace senza la sepoltura dei propri cari-
Il momento topico è stato quello in cui ha parlato la stessa Rita, che ha iniziato salutando in primis la sua famiglia d’adozione, quella dell’antiracket, ed ha poi continuato:
-In questa storia qualcuno non ha fatto tutto quello che doveva fare, di certo non io. Qualcuno non ha cercato la verità. Ci sono stati giorni dolorosi e ci sono ancora. Di quella sera mi ricorderò per sempre le urla di mia madre- dice con voce spezzata – l’odore acre del sangue e della polvere da sparo e le luci blu delle auto dei Carabinieri. Sono sopravvissuta al dolore e alla paura, indossando ogni giorno una corazza per stare in mezzo a voi. “Fine della pena mai” per me, per mia madre e per mia sorella, questa è la nostra condanna, perché, come dice Rita Borsellino, il dolore non cade in prescrizione-
Tutti in piedi, a questo punto, con gli occhi lucidi per le parole di Rita e per la dignità con il quale le ha pronunciate. Anche il Prefetto Belgiorno è commossa e coglie l’occasione per dire che:
-Per ciò che riguarda le mie responsabilità m’impegnerò affinché le procedure vengano snellite-
Chiude infine Tano Grasso invitando il Sindaco Del Campo a creare a Randazzo un’associazione antiracket e ad organizzare un altro incontro del genere con i ragazzi delle scuole.
Si chiude, quindi, guardando al futuro, dopo quel sorso amaro di verità proveniente dal passato.