L’edizione 2013 della festa di S.Agata vede per le strade di Catania, sette simpatiche ragazze che ripropongono il ritorno di una figura decisamente desueta e quasi dimenticata ai più giovani, quella della Ntuppatedda. Il comunicato diffuso via facebook da queste giovani (Deborah Rizzuto, Stefania Milazzo, Elena Rosa, Sara Firarello,Vera De Propis, Ester ed Ila) appartenenti a “Oscena urbana”, laboratorio sul corpo, sul modo di abitarlo e di rappresentarlo, spiega in maniera esaustiva la licenziosità di questa figura, ed invita la popolazione femminile catanese ad unirsi a queste maliziose ed ironiche manifestazioni per le strade cittadine:
“Agata, pronta a farsi amputare le mammelle pur di non sottostare al suo carnefice..
Le ‘Ntuppatedde, accanto a lei, fino alla metà dell’Ottocento. Signore maritate o nubili che si mescolavano tra la folla dei devoti, travestite e irriconoscibili,
potevano andare tra i cittadini, molestarli, toccarli, esigere regali, senza che i rispettivi padri o mariti potessero protestare.. poi furono proibite e passarono di moda.
Bene, eccoci alla festa della Santa Patrona di Catania, tra le candelore, la carne di cavallo, la cera e la devozione.
Migliaia di uomini pronti a perdere il sonno, a trascinare a braccia il fercolo della santa, ad urlare a squarciagola il loro amore per la Picciridda.
Noi di Oscena Urbana, donne, vogliamo partecipare perché pensiamo di essere imprigionate nelle menti di noi stesse, tra l’idea di chi siamo e quella di una libertà che vorremmo essere, praticare ed avere. Ma non la pratichiamo e non la siamo.
Il martirio è quotidiano nel tavolo del potere al quale serviamo, mangiamo, brindiamo e festeggiamo. Eccoci nel vaneggiamento tra una Santa Agata e una qualunque anonima ‘Ntuppatedda, alla quale come da antica tradizione secentesca concediamo due giorni di libertà..
Poi tra qualche giorno ritorneremo alla normalità. Faremo di ciò che resta del vostro banchetto la nostra occupazione, ritorneremo a chiamarci colleghe, a studiare nelle università, dalle quali non avremmo imparato nulla, fuorché farcele palpeggiare, le mammelle (ci perdoni Santa Agata, ma certi mali non hanno tempi e noi non siamo martiri), faremo concorsi e ci aspetteremo di trovare un lavoro, forse qualche volta ci occuperemo di Teatro, così per diletto, s’intenda, siamo solo giovani e donne. Non sia mai questo il banchetto, quello del Teatro, misero e scaduto, del quale nutrirci.
E non sia neppure quello della performance urbana a farci venire troppa fame di libertà, perchè c’è sempre qualcosa di più importante da fare nelle nostre giornate ammaestrate. Quindi due giorni, solo due.
Vi invitiamo, dunque, care concittadine, ad unirvi a questa comparsata, tra le vie della nostra città, travestite dell’abito bianco più bello che avete, con un velo a coprire il volto, irriconoscibili, ‘Ntuppatedde e libere.
Ancora una volta, eventi come la festa di S.Agata dimostrano che le tradizioni più vetuste e ormai desuete possano assumere degli importanti significati anche molto attuali e impegnati.
Daniele Giustolisi