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M5S, la capogruppo Lombardi nel 2009 scriveva “il metodo di Grillo mi fa schifo”

Lombardi“Mi piacciono le sue idee, ma il suo metodo mi fa schifo”. Scriveva così su un meetup quella che sarebbe diventata la capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle. Roberta Lombardi si faceva, allora, così come ricostruisce Vanity Fair, promotrice e portavoce di un documento congiunto con cui gli attivisti dei Meetup chiedevano a “Beppe” di dar vita a un “vero” movimento democratico.
“Sapete, visto che sono quasi 3 anni che lavoro gratis per sta gente, vorrei sapere come pensano di costruire questo progetto, per decidere con cognizione di causa se fare da manovalanza o meno”, scrive. Il documento a poco a poco prende forma e viene approvato. In esso i ragazzi chiedevano la costruzione di «un movimento realmente democratico fondato sull’etica e non sulla sola opportunità di prender parte a gare elettorali tramite l’aiutino del personaggio testimonial di turno», dove «non ci siano “guru”», ma dove possano emergere «leadership naturali».

La proposta nasce alla fine del settembre 2009. Ma I «grillini» rimasero di sasso a marzo, quando videro la Carta di Firenze (una sorta di programma cui bisogna ispirarsi) e rimasero ancora più allibiti quando sentirono Grillo che annunciava di aver affittato il Teatro Smeraldo per il 4 ottobre 2009, giorno in cui sarebbe stato presentato un nuovo movimento: il Movimento 5 Stelle. Non ne sapevano nulla, non ne avevano neanche discusso. Roberta Lombardi, che da anni si batteva nella capitale, era una delle più deluse e in una discussione su un Meetup chiese provocatoriamente: “Ma noi grillini siamo invitati?”

Le piaceva il Movimento di Grillo, ma credeva che il progetto nascesse «monco», anziché essere «il nostro progetto di vita per i prossimi anni». Sconfortata, si diceva sicura che «Grillo non si spenderà per noi», ed era quasi sul punto di lasciare: “Preferisco andare a portare le mie idee in un contesto più umile di questo”.

“Ho capito che a me di Grillo piace il programma, ma il metodo con cui si sta muovendo mi fa decisamente schifo”. Lo definiva “un capo che a parole dice che non è un capo e che nei fatti prende e decide per me. Il che mi potrebbe anche stare bene, ma io ho un certo problemino con me stessa che si chiama coerenza”.

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