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Lettera aperta di un giovane imprenditore siciliano: quanto sono efficaci le misure a sostegno dell’imprenditoria giovanile?

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Mi chiamo Giuseppe Ministeri, ho 29 anni e sono un giovane operatore culturale siciliano, con un’innata passione per il mondo dello spettacolo dal vivo e per il cinema.
Ho seguito con molta attenzione “il lancio mediatico” del Piano Giovani, avvenuto qualche giorno fa in un’affollata conferenza stampa, alla presenza del Governatore della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, e della giovane Assessore alla Formazione, Nelli Scilabra. Mi hanno subito impressionato le cifre messe sul tavolo: 35mila giovani siciliani tra i 18 e i 35 anni da coinvolgere; 100 milioni di fondi europei da impiegare, di cui ben 31 destinati a favorire l’apertura di nuove imprese.
Si tratta di misure lodevoli, che al momento degli annunci generano grande entusiasmo e clamore mediatico, ma sulla cui efficacia si dovrebbe successivamente fare qualche ricerca, soprattutto per verificare l’operato degli uffici responsabili della messa in atto delle stesse misure.
Nonostante l’uso inflazionato, da parte delle personalità politiche, di termini quali “sostegno alle start-up” e “aiuti all’imprenditorialità giovanile”, per esperienza personale mi sento di dire che chi decide di partecipare a questi bandi, rischia di imbarcarsi inconsapevolmente in imprese titaniche in cui non vi è alcuna certezza di lieto fine.
Alla fine del 2009 presentai una proposta progettuale di impresa a valere sull’APQ (Accordo di Programma Quadro) “Giovani Protagonisti di sé e del territorio”, relativa all’Azione 7 “Giovani e lavoro – start up di impresa”, di cui era responsabile il Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali, afferente all’Assessorato alla Famiglia della Regione Siciliana. Si trattava di una linea di intervento che mirava a “favorire percorsi di vita indipendente per i giovani”, e a “valorizzare le capacità creative ed innovative dei giovani siciliani attraverso il sostegno alla creazione di impresa”.
Il mio progetto (lo start-up di un’impresa che avrebbe fornito servizi per la cultura e lo spettacolo) fu approvato e, il 26 luglio del 2010, mi fu notificato il finanziamento di complessivi 25mila euro, di cui 5mila messi di tasca mia. Il 20 settembre del 2010 costituii la ditta individuale “Tao S.C.S.” e, l’11 marzo del 2011, mi fu accreditata la prima tranche del finanziamento: 10mila euro. Il resto sarebbe arrivato successivamente, a conclusione del progetto, dopo la trasmissione della relativa rendicontazione al Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali.
Ho portato avanti le attività previste dal progetto, “scoprendomi” di ben 10mila euro, e presentando rendicontazione e relative fatture al Dipartimento a febbraio 2012. Da allora è cominciata una commedia dell’assurdo. Ho richiesto più e più volte, per telefono e per email, notizie circa l’andamento della mia pratica. Dopo confuse richieste di chiarimenti ed integrazioni documentali – puntualmente trasmesse – e diversi “confronti” con il personale dell’ufficio, che pretendeva la trasmissione del DURC nonostante la mia fosse un’impresa individuale senza dipendenti, arrivati a settembre e ottobre 2013, l’ufficio ha addotto fantomatiche ragioni di “spending review” per giustificare il proprio ritardo. Da allora sono passati cinque mesi e, nonostante lo scorso 6 febbraio tramite il mio legale abbia inviato una diffida, non ho ricevuto né i 10mila euro che mi spettano, né alcuna risposta.
Però vedo che l’ufficio responsabile della mia pratica si è impegnato, a giugno del 2013, a lanciare nuove misure, nell’ambito di un nuovo APQ: il programma CreaAZIONI Giovani. Mi chiedo lecitamente in che modo un ufficio che non è stato in grado, in cinque anni, di concludere una pratica, possa adesso farsi carico di centinaia di nuovi progetti. Altrettanto lecitamente mi chiedo in che modo delle start-up giovanili, caratterizzate da una condizione patrimoniale fragilissima, possano farsi carico di incredibili odissee burocratiche (come quella vissuta dalla mia “TAO S.C.S.) senza fallire.
Con sulle spalle 10mila euro di debiti ancora da saldare, ho delle buone ragioni per guardare con un certo scetticismo al trionfale ottimismo sfoderato dal governatore Crocetta e dall’assessore Scilabra alla presentazione del Piano Giovani.
Soprattutto, sento di dover avvertire i miei coetanei a valutare con molta attenzione l’opportunità di partecipare a simili misure a favore dell’imprenditorialità giovanile: se non si hanno risorse proprie da investire, la strada è in salita, e si rischia di ritrovarsi più poveri e disillusi di quando si è cominciato.

Giuseppe Ministeri

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