Amazing sì, ma neanche troppo…Potremmo riassumere così l’effetto che questo nuovo Spiderman produce nello spettatore medio, o almeno di quello spettatore che ancora serba nella memoria (e nel cuore) la trilogia firmata Sam Raimi. Perché il problema, per chi ha oltre trent’anni e ne aveva venti all’epoca del primo, mitico Spiderman, sta ancora una volta in quel non sottovalutabile scarto fra vecchia e nuova generazione, fra chi, all'inizio del terzo millennio, accoglieva per la prima volta i cinecomics nel proprio cuore (anche se il vero apripista Marvel fu “X-Men” di Brian Singer), e la i-generation svezzata a videogames, tablet e Avengers. Perché se lì nel lontanto (lontano?) 2002 Raimi giocava genuinamente col suo stesso cinema-fumetto, baloccandosi fra autocitazioni (Darkman), filosofia “nerd” (l’imbambolato ma credibile Peter Parker di Tobey Maguire) e un sincero approfondimento psicologico, qui nel 2014 con “The Amazing Spiderman” si gioca e basta. E questo non perché manchino i motivi per conferire spessore alle vicende (la coppia Andrew Garfield-Emma Stone suscita una frizzante simpatia mentre il nuovo Goblin è sorprendentemente demoniaco), ma perché si è scelto deliberatamente di sacrificare gli spunti più interessanti in favore di una concezione a misura di ragazzino. “The Amazing Spiderman 2” corre spedito come un treno, ammonticchiando effetti, situazioni e nemici storici (tra cui i “sacrificati” Paul Giamatti e Dane Dehaan ai quali auguriamo sorti migliori nei sequel) dentro un frullato che monta a velocità supersonica. Una macchina che rallenta solo per alcuni gustosi siparietti romantici, nei quali Marc Webb ci ricorda il bravo regista che è (suo quel gioiello sottovalutato di “500 giorni insieme”), e per quel dramma finale sconvolgente sì ma anche fiutato a chilometri dagli aficionados del fumetto. L’uomo ragno giusto certo, ma più per quel tipo di pubblico rigorosamente 6.1. Per tutti gli altri resta invece un giro di giostra divertente e a tratti stordente, dove le regole-base del crescendo drammaturgico (che riuscivano a convivere bene nella struttura da cinefumetto dei film di Sam Raimi), lasciano campo libero a quelle dell’accumulo e dell’ipertrofia visiva, filiazioni consapevoli della pop-corn generation (quella, per intenderci, che in multisala non chiede “cosa” ma “quanto”). Prezzi da pagare, qualitativamente parlando, in nome di una collaudata idea di divertimento ormai pienamente sottoscritta dalla nuova Disney/Marvel (anche se “Capitan America- Il soldato d’inverno” resta un degnissimo esemplare di cinema). A salvarci magari provvederanno ancora gli “X-Men” firmati Brian Singer, ovvero quel cinecomic da cui tutto iniziò. Non a caso quella clip tratta da “Giorni di un futuro passato”, inserita alquanto posticciamente dopo i titoli di “Amazing Spiderman”, sembra molto più appetitosa di una scarica qualsiasi di Electro.
Andrea Lupo