Vois consegna la vignetta a John Turturro

“Passione” per John Turturro non è soltanto il titolo del docu-film da lui girato a Napoli, tra canzuncelle, clichè folkloristici partenopei e tantissima voglia di abbattere gli stessi. No, passione per l'attore italo-americano è una vera e propria filosofia di vita ma soprattutto di cinema, quella stessa che lo ha guidato attraverso trent’anni e più di carriera (a partire da una quasi invisibile comparsata in "Toro Scatenato" di Scorsese) con il medesimo slancio degli esordi. E quegli esordi portano firme eccellenti come quelle di William Friedkin, Michael Cimino e Woody Allen, insieme agli “emergenti” (per gli anni ’90) Spike Lee e Joel & Ethan

 

 

Cohen,

 

 

 

 

 

 

ovvero quei registi che sulla sua nervosa e ardente fisicità hanno

plasmato alcune fra le sue migliori incarnazioni cinematografiche (e se il Jesus

de “Il grande Lebowski” è un personaggio consegnato già alla recente iconografia cinematografica, permettetemi di citare anche il suo Bernie Bernbaum di “Crocevia della morte” protagonista di una delle sequenze più belle del cinema dei fratelli Cohen). Da allora per John Turturro è tutto un attraversare il cinema (quello con la “C” maiuscola) sia davanti che dietro la macchina da presa, in un’incessante e sempre inedita ricerca espressiva che non disdegna né il ritratto dei perdenti o di uomini semplicemente miseri o comuni (quei ruoli cioè che rendono ancor più “grande” l’attore), né l’istrionismo da blockbuster (perfino i “Transformers”) o da commedia demenziale (in “Zohan” è l’antagonista che regge, senza farsi annullare, l’esuberanza travolgente di Adam Sandler), il tutto coniugato senza problemi con la sua attività registica orgogliosamente “libera” e svincolata dalla mode o dai ricatti produttivi (progetti come “Illuminata” non sarebbero mai esistiti se dietro non ci fosse stato l’amore dell’autore per il teatro moderno). No, “passione” decisamente non è solo il titolo di uno dei suoi film più “focosi” ma è soprattutto la linfa che anima la carriera di questo grandissimo artista, ennesimo dono italiano (i suoi geni provengono da Puglia e Sicilia) al cinema americano. Un' “italianità” divulgata generosamente nei suoi progetti e impressa a fuoco perfino nelle sue espressioni facciali. Bastava guardarlo durante la Tao Class dell’ultimo Taormina Film Fest per rendersene conto. Quell’ inglese regolare (inframezzato qua e là da espressioni italiane) insieme al suo contegno così “nostrano”, davano più l’idea di intrattenersi con un qualsiasi conterraneo che di interfacciarsi con una star. Un attore-regista ammirevole che per me è stato un orgoglio celebrare attraverso un omaggio da lui accolto con piacere e prontamente subito esibito al pubblico della Tao Class (il momento per uno scatto “esclusivo” fra noi due sarà appena dopo la conferenza). Il disegno lo raffigura come il gigolò incarnato nella sua ultima, morbida commedia “Gigolò per caso” successo italiano condiviso con una “spalla” d’eccellenza come Woody Allen. Una pellicola perfino spiazzante perché in fuga da tutti i clichè dell’attuale comicità, quella che cerca solo il “riso” ma trascura la delicatezza del sorriso (e dell’approfondimento psicologico). Ma Turturro, per fortuna, gli stereotipi è abituato a fuggirli mentre affronta i suoi progetti. Non a caso, quando si è cimentato nel musical, ci ha regalato una delle opere più romantiche e dolenti della sua filmografia, quel “Romance & Cigarettes” di cui il compianto James Gandolfini era mattatore indiscusso. Il teatro antico, durante la serata di premiazione, saluta ancora una volta James (di cui ricorre un anno dalla morte) proprio grazie alla clip di "A Man Without Love" mentre applaude fragorosamente l'amico John che lo ha consegnato alla storia e all’affetto del pubblico. Cinema e vita si incrociano (anche nel dolore) attraverso l'opera di un grande artista che li ha legati per sempre. Se non è questa autentica “passione”…

Testo e disegno di Andrea Lupo